Wednesday, November 13, 2013

I'd like to ride my bycicle


La mattina dopo che te l'hanno rubata riemergi dal sonno velocemente. Spalanchi gli occhi e con una prontezza mai vista ti porti le mani alla fronte. Caazzo. La bicicletta. É un duro colpo quello inflitto. Carta "imprevisto" del Monopoli. I tempi di percorrenza quadruplicati. Ricerca del nuovo mezzo che dura un paio di giorni su subito.it. Chiama Angelica al 339678897**. Angelica sta al Galluzzo, come ci arrivi che sei a piedi. Bus. Sbattimento. Cerca un altro annuncio. Trovata. Non ha il cestino, i freni fanno schifo. ‘Abbè. Poi il pit stop dal ferramenta con l’obbiettivo del nuovo, milionesimo lucchetto. I ferramenta sono tutti maschilisti, puoi anche essere la figa di legno di Paint Your Life, ti guarderanno sempre con quell’arietta di sufficienza appena varchi la soglia del loro negozio. Chiamalo “l’atelier del testosterone” a questo punto. E invece no, fanno i finti gentili, fanno il cliente ha sempre ragione, ma se ti fermi ad osservarli con attenzione, anche i più scaltri, vedi che in fondo agli occhi, nell’arcata sopraccigliare, negli angoli della bocca c’è un piccolo moto di pietà schifata, c’è un perdonaLE perché non sanno quel che fanno. Un ora questa viene qui e mi va in panico sul tipo di lampadina o bullone eh, guarda, arriva, 3, 2, 1…

 - Buongiorno Signora, dica. (e sull'uso del SIGNORA dai 26/27 anni in su potremmo aprire un capitolone. Non lo apriremo: ma che voglia.)
- Lucchetto nuovo, mi hanno rubato la bici.-
- Ohiohi, io lo ripeto sempre: lei la deve fare un investimento. Un basta avenne uno! E ce ne voglian due! Due lucchetti robusti di diverse fattezze. Quale la vuole?

 E’ che poi il trauma non finisce dopo che sei nuovamente in sella al tuo destriero monco e arrugginito (per inciso con un lucchetto de merda al seguito, che il budget era già dall’inizio inesistente). Tutte le volte che te ne rubano una ti incattivisci un po’ di più. Le guardi tutte, con la stessa inconsapevole concupiscenza con la quale uomini senza distinzione di età alcuna buttano l’occhio su turiste in shorts all’arrivo dei primi caldi. O come quando passeggiavi in campeggio con i tuoi genitori andando a dar giudizi alle piazzole degli altri stagionali. L’erba del vicino. Guarda che belle piante, accidenti che telone verde tirato bene, nella loro non c’è mai un ago di pino in terra, per forza, son sempre con la granata in mano. Tutte, non te ne sfugge una. Nuove di pacca, scrostate, col cestino di vimini, con le cassette della frutta di plastica blu sul retro. Incatenate alle rastrelliere, legate a un palo, appoggiate a un muro, attaccate (affronto!) al niente, solo lucchetto. Ma la fottessero a te. Grazielline, scatto fisso – questo di sicuro la mette nell’androne per non farsela fregare, sennò non si spiega- senza sellino, telaio accartocciato. Un miticissimo cambio SHIMANO! Un Mivar e te che aspetti Non è la RAI. Ma le televendite, prima di Giorgio Mastrota, chi le conduceva? Fra Topazio e Sentieri chi ce lo metteva il faccione? Nuuu, è morto anche Giuseppe del bottegone della calzatura. Mentre il pensiero corre e tu con lui, panzoni sudati con le ginocchia valghe e cappellini improbabili si trascinano più o meno ordinatamente in fila per visitare il Duomo. Sudamericani e indianini si scatenano con le foto da iPad. Caciottare russe “improvvisano” duckface sullo sfondo di….niente tipo? Solo altra gente. Gente su gente. Le foto di te col monumento dietro precludono 99 volte su 100 che il monumento in questione verrà tagliato. Le foto con te e il monumento dietro precludono che l’importanza la dai a te stessa con la faccia a papero e non al monumento che c’è dietro. Anzi già che ci sei, facciamo un test: entra da Zara (tanto è lì che prima o poi saresti finita) e comprati qualcosa che non sia tamarro. Puoi farcela. Adesso scusa ma devo scansare questi giappini che spuntano da Via delle Oche. Senza impaurirvi su su, arigato. Non si riesce a transitare fluidamente col potente mezzo in centro a Firenze. Ma l’ho voluta la bicicletta e finché ce l’ho, vita agra, pedalo.

(articolo pubblicato su Lungarno Magazine di settembre 2013)

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